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— Ah, già, alle otto c’è il banchetto, — riprendo io, guardando il mio orologino d’oro all’antica: erano le sette e trenta: avevo dunque un po’ di tempo da stare con lui. — Un banchetto che i notabili del paese offrono a mio marito, e quindi anche a me, — spiegai, credendo che egli non lo sapesse.

Egli lo sapeva benissimo: e un suo lieve sogghigno d’ironia mi avrebbe ricordato il sorriso diabolico dell’antico Gabriele, se i suoi denti gialli e i solchi mortali intorno alla bocca non avessero accentuato, sul suo viso, il rilievo di teschio.

Ma io volevo essere allegra, e veder solo la vita anche in quell’uomo che, dopo tutto, vivo lo era ancora, e ancora forse, con la volontà di Dio, poteva salvarsi. Tentai quindi, sempre con buone intenzioni, di parlare scherzosamente del banchetto, riferendo le notizie pantagrueliche della Marisa.

Mi accorsi che egli non se ne interessava, pure ascoltando intensamente il suono