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così trasparente ed i colori intorno così iridati, che si ha l’impressione di trovarsi dentro un diamante.
Mio marito, la cui toeletta è molto più lunga e complicata della mia, sporge dalla finestra il viso coperto di una barba bianca di sapone, e mi richiama dentro energicamente.
— Ma che fai, scalza? Ti piglierai un malanno. Vieni subito dentro.
— Vengo.
Come i bambini disubbidienti, proseguo invece la passeggiata proibita: l’erba è fresca e si ha quasi voglia di piegarsi a sorbirne la rugiada: sulla siepe del viale i ragni hanno tessuto piccoli arcobaleni; le farfalle mi sfiorano con famigliarità i capelli, e una lucertolina di bronzo fa altrettanto coi miei piedi. Oh, tu, sposo, hai un bel chiamarmi: io non sono più tua: sono ancora una bambina di sette anni che corre sull’erba del prato e dei sentieri dove la mamma le ha proibito di andare.
«Non andare lontano, bambina: là in fondo c’è l’orco, c’è l’uomo nero.»