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Io rido: sollevo gli occhi e guardo i limpidi perlati occhi di lui. Rido, ma il cuore mi trema, ed in ogni nostra parola trovo un significato misterioso. Sì, è vero, ho paura dell’uomo incontrato, della sua vicinanza, del suo male. E ricordo la casa del cieco di guerra, il gemito del violino: sì, è lui, è Gabriele, che dopo la sua vita di ambizione e di stravizi, già malato fin dalla prima giovinezza, forse adesso vicino a morire, è venuto a rifugiarsi in quest’angolo di mondo dove la fatalità ha condotto anche noi.
Ma io voglio assicurarmi e andare sùbito in fondo: sapere se nella pensione del cieco di guerra ci sta un inquilino, e se questo è Gabriele: e se lo è, dico tutto a mio marito ed andiamo sùbito via di qui. Mi sembra però di sentire già le sue parole di risposta: