Pagina:Deledda - Il nostro padrone, Milano, Treves, 1920.djvu/64


— 58 —


accendere; e per alcuni momenti entrambi tacquero, mentre la stanza si riempiva di fumo odoroso. Finalmente lo speculatore si tolse il lungo sigaro di bocca, ne scosse la cenere e disse:

— Non ci sarebbe che un mezzo molto spiccio, per far capire la ragione a quella gente: dar fuoco alla tanca! Ah, ah!

Egli rideva sonoramente del suo scherzo; e Bruno sorrise, ma a sua volta non rispose, poi cambiarono discorso parlando di tutti gli altri affari che urgevano.

Prima di andarsene, Bruno entrò in cucina per salutare le donne, e Sebastiana lo seguì fino alla scala facendogli lume e scherzando con lui.

— Hai sentito come mi sgridava, la tua signora Elena; però non l’ha con me, no! Essa batte la sella perchè non può battere il cavallo, — gli disse sottovoce, quando furono giù davanti alla porta.

— Che? Non va più d’accordo col padrone?

— Essa non va d’accordo neanche col diavolo! È cattiva, gelosa come un cane....

— Ha ragione d’esser gelosa di te! — egli disse, stringendole a lungo la mano e tentando ancora di abbracciarla, ma questa volta ella gli sfuggì, ed egli se ne andò felice ed inquieto.

Pioveva ancora a dirotto, ed egli si ri-