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cora illuminato dal crepuscolo, apparve la figura di Sebastiana. Alta e bella, con la sua tunica avvolta elegantemente attorno al busto, ella colpì talmente il professore, che egli si alzò e la salutò inchinandosi, come davanti ad una duchessa in abito da ballo.
Ella si avanzò, porgendo a Marielène un mazzo di ramoscelli di mirto gravi di coccole, e disse:
— Mi sembri stizzita...
Marielène prese il mirto e domandò tragicamente:
— Dimmi, chi ha inventato le serve?
— Le padrone, — rispose il professore.
Sebastiana rise, sebbene le parole e l’aspetto di Marielène le ricordassero i tristi giorni della sua servitù, e porse un ramoscello al suo ammiratore, non sdegnando di guardarlo negli occhi e sorridendogli con civetteria.
— Fundu... — egli mormorò, accarezzando il ramoscello. — Questo è fundu?
Sebastiana stava per rispondergli, quando Marielène si slanciò verso la porta, urlando e con la mestola sollevata: la figura della serva, con l’anfora sul capo, si avanzava dal cortiletto, e senza l’intervento del pacifico professore sarebbe accaduta una tragedia...