Pagina:Deledda - Il nonno, 1908.djvu/72

70 grazia deledda


E cominciarono una delle loro solite discussioni, dopo la quale si trovarono d’accordo solo nell’idea di risparmiare le spese di posta inviando nello stesso plico raccomandato, diretto a una Rivista di Milano, la romanza e la novella.

Per lungo tempo essi attesero invano la risposta.

Due anni erano trascorsi. Serafino, maestro di scuola in un piccolo paese meridionale, trascinava la vita melanconicamente. Aveva abbandonato ogni velleità letteraria, e gli pareva di cadere ogni giorno più in basso, in un luogo grigio e freddo. Nel paese ove abitava non si viveva che di pettegolezzi e d’ira. Egli stesso, con tutta la sua mansuetudine, veniva torturato a colpi di spillo. Il suo maggior nemico era il corrispondente di un giornale settimanale, un letterato che da tutti gli intellettuali del paese veniva proclamato come il più grande fra i giovani scrittori moderni. Questa grandezza non gl’impediva di temere un rivale nell’umile maestro, che aveva avuto l’ingenuità di parlargli delle sue novelle... cestinate. Invano Serafino affermava che non ne avrebbe scritto più: il letterato non pensava ad altro che ad annientarlo. Serafino soffriva, non tanto per i torti che gli venivano fatti, quanto perchè ogni giorno di