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58 | grazia deledda |
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Verso le undici egli si trovava di guardia in un punto dove la strada, fin là chiusa da muraglie, si apriva improvvisamente sopra un masso enorme precipitante sul mare.
Il vento era cessato; ma nella notte stellata l’aria quasi fredda, profumata dall’odore del mare, ricordava le belle notti invernali. L’occhio verde della lanterna, che vigilava come un occhio maligno davanti all’isola dei condannati, gettava un enorme ventaglio di luce vitrea sul mare oscuro.
Sotto lo scoglio Serafino vedeva un quadro fantastico: una barca nera illuminata ad acetilene, e dentro la barca un pescatore di ostriche (di quelli che hanno un permesso speciale per avvicinarsi all’isola) col corpo magro disegnato da una maglia rossa: sembrava un diavolo in un cerchio magico di luce vivissima.
Null’altro, tranne i lumi lontani sul confine della terra buia e stelle sul cielo buio.
Come sempre quando montava la guardia, Serafino, che aveva letto Tolstoi, si domandava amaramente chi lo costringeva a far ciò, perchè obbediva ad una potenza illogica, mostruosa, rappresentata da uomini inferiori a lui, da un caporale contadino, da un sergente barbiere, che lo obbligavano a vegliare, incosciente e maligno