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solitudine! 43

viaggio. In breve il gruppo sparve fra le macchie della landa, e Sebiu si trovò solo, un po’ stordito come quando si svegliava dopo qualche sogno febbrile.

All’ebrezza puerile e selvaggia della notte seguì in lui una tristezza sentimentale. Gli venne il desiderio di slanciarsi attraverso la landa, d’inseguire i suoi ospiti, e sognò che il vecchio, riassalito dalle febbre, costringesse Marianna a ritornare indietro verso cala Delunas: poi si ripropose di andar a Suelzi ai più presto possibile, e di trovar da lavorare in quel paesetto, per poter vivere accanto a Marianna: infine sedette sul mucchio dei sacchi, sotto la tettoia, con gli occhi fissi in lontananza, e le sue labbra si sporsero e tremarono come quelle di un bambino pronto a piangere.

I «carriolanti» lo trovarono addormentato, pallido in viso come un cadavere, e dovettero gridare e scuoterlo per svegliarlo.

Il sorvegliante gli portò il solito cestino di provviste e le notizie di Pottoi.

— Ieri, a messa, ho veduto che un forestiere, un continentale di passaggio, la guardava come un falco. Anche lei lo guardava. Eh, eh, non si lascia così la moglie sola!

— Ma state zitto, zi Efisè! Queste cose non le dite neanche per ridere!

L’ometto ammiccava, o pareva gli accennasse che sapeva il suo segreto. E Sobiu arrossì, domandandosi suo malgrado che cosa avrebbe fatto se Pottoi lo avesse tradito, come egli aveva tradito lei.