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Nell'ombra della macchia ziu Tòmas piangeva come un bambino, mettendosi un ciuffo d'erba in bocca per soffocare i suoi singhiozzi.

Il dottore e la donna continuavano a discorrere. Lia domandava al dottore della sua lite: e l'uomo si lamentava, dicendo che la sua lite andava male. E imprecava come un paesano, contro il fratellastro che lo aveva rovinato.

Ma ziu Tòmas non ascoltava più: ne aveva abbastanza de' suoi guai per potersi interessare a quelli degli altri.

Più tardi però rivide il dottor Suelzu, nella spianata della chiesa, dove i pastori ed i paesani ballavano il ballo sardo.

I due uomini si guardarono con diffidenza: ma poi ziu Tòmas s'avvicinò al borghese e lo salutò.

— Salute, signor dottore. Lei non mi riconosce, ma io mi ricordo bene di lei.

Il dottore lo guardava, coi suoi piccoli occhi timidi e quasi spaventati. Il vecchio lo pregò di accettare un «invito» al banco del liquorista lì vicino: il dottore accettò, e bevette molto. Anche il vechio bevette e cominciò a parlare di sua nipote, raccontandone con frasi pietose le atroci sofferenze.