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188 | grazia deledda |
Ziu Tòmas esitò ancora, prima di entrare. Era quella Nanascia, la famosa maga? Non sembrava vecchia, come gliel'avevano descritta: era pallidissima in viso, con gli occhi socchiusi, vitrei, la bocca stretta, i capelli grigi arruffati, uscenti da una cuffia nera che circondava come d'un'aureola funebre quel viso cadaverico: ma il suo corpo era quello d'una donna ancor giovane, col petto abbondante, il collo bianco, le mani, abbandonate sulla ruvida coperta gialla, piccole e grasse.
Il vecchio ricordò ch'era venerdi, e che erano circa le tre pomeridiane. Sì, era l'ora della morte di Nostro Signore Gesù. Verso quell'ora, tutti i venerdì, la donna veniva colta da un sonno profondo, durante il quale ella parlava tutte le lingue della terra, e indovinava ogni mistero e prediceva l'avvenire e indicava i rimedi per tutti i mali del corpo e dell'anima.
— Bella! Sono arrivato al momento giusto, — egli pensò avanzandosi in punta di piedi, per non svegliare la donna.
Ella non si mosse: pareva morta.
Egli si guardò ancora attorno: fissò gli occhi sul piatto delle monete e ricordò che il pastore di Burgos gli aveva detto:
«Ella non vuole denari; tuttavia coloro che vanno a consultarla le lasciano qualche moneta, secondo le loro forze».
— Com'è vero Cristo, io le darò un marengo d'oro, se ella mi ajuta, — pensò il vecchio mettendo la mano sulla cintura, ove teneva nascosti i de-