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la medicina | 187 |
in fondo al cortile sembrava disabitata; la porta corrosa, e le due finestruole, simili a feritoje, erano spalancate.
— Bella! Questa è la casa di Mossiù Nemmos1 — pensò il vecchio: poi gridò: — Ohè, gente?
Nessuno.
Ziu Tòmas si guardò attorno, poi, dopo aver cacciato sotto una pietra l'estremità della cordicella del cavallo, entrò nella casetta; e si trovò in una vasta stanza affumicata, il cui mobilio consisteva tutto in una cassa nera scolpita, in una panca e in un recipiente di sughero colmo d'acqua, sulla quale galleggiava una specie di scodellina di sughero.
Una scala a piuoli conduceva, per una botola, alla stanza superiore.
Ziu Tòmas chiamò ancora «ohè, gente», e siccome nessuno rispondeva salì con diffidenza la scaletta e mise la testa entro la botola. Vide un'altra stanzaccia, non meno squallida della prima: dalle pareti, gialle per il fumo, pendevano molti quadretti con la cornice nera; fra due casse, una nera e l'altra rossiccia, scolpite con arte primitiva, sorgeva un letto di legno a baldacchino, privo di tende, e su questo letto, coperto da una coltre di lana gialla, giaceva una donna addormentata.
Sopra una cassa stava un cestino di canne colmo di lana nera scardassata: accanto al cestino un piatto di stagno con alcune monete di rame e d'argento.
- ↑ Il signor Nessuno.