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il ciclamino 181


che gliene sarebbe venuto, lo slegasse e lo liberasse. Ricordatevi!

Il pastore rispose, sfuggendo lo sguardo del prigioniero:

— Era altra cosa, compare! Voi non eravate servo come lo sono io. Prima del compare è il padrone!

— Prima del padrone è il fratello: e il compare di San Giovanni è un fratello.

L’altro non rispose: ma con gli occhi fissi nella fiamma parve immergersi in un sogno.

— Siamo tutti soggetti all’errore, — disse il ladro. — E chi fa questo e chi fa quello! Siamo nati con la nostra sorte. E il vostro padrone non ha le sue magagne? È l’uomo più superbo della terra. È lui che fa morire sua figlia, la vostra piccola padrona. E lei non è colpevole, del resto? Non dicono tutti che muore perchè è innamorata d’un prete? No? Ah, voi dite di no? Voi dite che il giovane s’è fatto prete per disperazione, perchè non gli hanno dato in moglie la ragazza? Sia pure così: ma lei doveva cessare di volergli bene. Invece se ne muore...

— Ah, ecco perchè... La pianeta... il fiore di panporcino! — disse a un tratto il pastore. E s’alzò, e slegò il prigioniero che senza neppure dir grazie balzò su e scappò.

Rimasto solo, il pastore prese la pianticella di ciclamino, corse fuori, balzò di roccia in roccia, scese per un sentiero, cominciò a gridare, chiamando a nome il vecchio. Questi rispose in lonta-