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178 | grazia deledda |
sporgenza della roccia, si curvò per riaccendere il fuoco. E il fiorellino, che ricominciava a disperarsi, vide allora un’altra cosa meravigliosa. Vide il tronco nero di un elce convertirsi in fuoco, e le fiamme scaturire dai rami come grandi foglie d’oro scosse da un soffio ardente.
L’uomo si sdraiò accanto al fuoco e dal suo cantuccio il fiorellino lo vide addormentarsi e lo udì parlare in sogno. E la voce dell’uomo gli parve un’altra rivelazione. Poi un fischio tremolò fuor della grotta, un cane abbaiò, l’uomo sollevò il capo.
Un altro uomo entrò nella grotta: questo era giovane, alto e vestito di panno rosso e di pelli nere; il suo viso scuro, ma dagli occhi azzurrognoli e dalla barba rossiccia, aveva qualche cosa di dolce e selvaggio nello stesso tempo.
— Compagno, — disse, appena entrato — credo che stanotte prenderemo la volpe.
Il vecchio sollevò il viso, interrogando.
— Ho veduto le tracce! — riprese il giovane.
I due uomini non dissero altro, ma anche il vecchio balzò in piedi. Ed entrambi stettero lungamente in ascolto. Ma l’ora passava, e al di fuori il silenzio della notte era sempre intenso e profondo: per un momento sull’apertura della grotta apparve la luna, come un viso pallido dagli occhi grigi curiosi, poi sparve e fuori regnarono le bianche tenebre della notte nevosa.
— Non viene più! — disse il vecchio. — Ed io devo scendere! Come sta la piccola padrona?
— Male: forse morrà stanotte.