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Il Ciclamino.

Appena sbocciato, il ciclamino vide uno spettacolo che molti poeti, anche celebri, non hanno mai veduto. Vide una notte di luna in montagna. Il silenzio era così profondo che il ciclamino udiva le goccie d’acqua, raccolte dalle foglie dell’elce che lo proteggeva, cadere al suolo come versate da piccole mani.

La notte era limpidissima e fredda. La montagna era bianca e nera, come un immenso ermellino addormentato. Il suo profilo d’un bianco violaceo scintillava sul cielo azzurro. Non era troppo alta, quella montagna: i boschi la coprivano fino alla cima; le roccie, coperte di neve, vedute da vicino sembravano blocchi di marmo intorno ai quali un artista gigante avesse tentato d’abbozzare strane figure.

Ve n’era una, per esempio, che pareva un lupo enorme, col muso rivolto al cielo; e un filo di fumo che usciva dalla roccia e sembrava esalato dalla bocca della strana bestia, accresceva l’illusione.