Pagina:Deledda - Il nonno, 1908.djvu/155


la lepre 153

e di carezze, sparve dalla radura, essa rimase al suo posto di osservazione, raggomitolata, ma con le orecchie dritte, frementi come due foglie secche mosse dal vento.

I giorni e le notti passarono, la luna declinò, le sere si fecero buie.

La vecchia lepre non tornò in riva allo stagno. Aveva paura del cacciatore. Nascosta nel più folto del bosco, solo qualche notte si avanzava fino alla radura, dove i due amanti giocavano allegramente.

Un giorno, però, essa udì un colpo di fucile, poi un altro, poi altri ancora, vaghi, lontani, come ripetuti dall’eco.

E quella notte, per quanto fosse una notte da innamorati, dolce, tiepida, e la luna nuova declinasse dietro i pioppi oramai spogli, i due amanti non ricomparvero.

Il nemico nero doveva averli uccisi. La vecchia ne provò tale gioia feroce, che si mise a saltare sulla sabbia ancora segnata dalle orme dei poveri amanti.

Ma il rumore d’un passo d’uomo la costrinse a fuggire: cieca, anelante, s’internò nel bosco, arrivò fin quasi all’altra riva del fiume, e rimase