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152 grazia deledda

La vecchia solitaria comprese allora perchè il nemico nero, il cacciatore notturno, era ricomparso nell’isola.

E una rabbia feroce, quanto può esserlo la rabbia d’una lepre, le agitò nuovamente il cuore. Invece di accorgersi che ritenendosi oramai sola nell’isola si era ingannata, le parve che i suoi simili avessero ripreso possesso del luogo senza averne il diritto. Che volete? era una lepre che aveva sentimenti ingiusti e idee storte, quasi come un essere ragionevole.

La vecchiaia e la solitudine l’avevano resa selvatica ed egoista: le dispiacque più la ricomparsa delle lepri che quella del nemico nero, e quando uscì dal suo nascondiglio per avanzarsi fino alla radura sabbiosa, e si accorse che le due lepri erano due amanti, il suo dolore si fece più acuto e più rabbioso.

Questo non impedi che le due lepri continuassero a divertirsi, a saltare, a correre. La femmina era grassa, con le orecchie quasi diafane, rosee all’interno, bionde al di fuori: era civetta, correva intorno al maschio fingendo di non vederlo, si sdraiava lunga sulla sabbia, saltava e scappava quando l’amante le si avvicinava. Questo, invece, magro e consunto di passione e di piacere, non vedeva che lei, non faceva altro che correrle dietro e saltarle addosso. Erano felici; allegri, incoscienti come tutti gli amanti felici.

La vecchia lepre non si stancava di guardarli, e anche quando la coppia graziosa, stanca di salti