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il sogno del pastore 143

giorno in cui egli sarà tanto ricco da avere un servo che gli custodisca le greggie.

Ah, egli allora non dovrà più perdere i capelli per salvare le sue pecore. S’arrangi il servo, e se una sola pecora va smarrita guai a lui!

Egli, il pastore, allora davvero ricco, se ne starà seduto accanto al focolare, soffiando sul fuoco col suo bastone di sambuco, guardando ogni tanto entro la pentola, chiacchierando colle sue donne e sputando sulla cenere.

La sua barba sarà bianca e lunga; egli sarà grasso e rosso. Verrà il genero, ed entrambi si metteranno a cantare una gara estemporanea, bevendo ogni tanto vino e acquavite.

Ah, questa sarà la vera vita felice! Ma quanto tempo ancora occorrerà per arrivare alla realtà di questo sogno, quanti Natali ancora da passare lontano dalla famiglia, nella desolazione delle notti della pianura!

Non v’ha mezzo per abbreviare la rude via? Ebbene, sì, sì, c’è un mezzo; egli lo sa, egli v’ha pensato tutto il giorno. Nel pascolo limitrofo al suo c’è un altro pastore che vuol darsi al commercio del grano, e perciò ha venduto quasi tutto il suo gregge, e fra pochi giorni venderà il resto e se ne andrà.

Adesso è laggiù, al di là del fiume, e dorme entro la sua capanna, con la testa appoggiata ad una pietra, sotto la quale c’è una borsa di cuoio coi denari ricavati dalla vendita delle pecore.

Il nostro pastore pensa che sarebbe facile impresa andare laggiù e impadronirsi della borsa.