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136 | grazia deledda |
— Ma è impossibile che Ballora abbia avuto relazioni amorose: anzi non è uscita di casa durante tutto l’inverno, — osservò zio Ballore.
— La malattia ha indebolito anche la tua anima, — rispose zio Matteu; — tu sta’ zitto. Le donne sono più agili e sottili dei rettili, e, come le lucertole, sanno passare attraverso i buchi più stretti.
Ma mentre egli parlava così male delle donne, ecco arrivò Miale Ghisu.
Il giovane sembrava triste, compunto. Domandò di vedere Ballora; quando la vide, così gialla e cadaverica, fece una smorfia di disgusto, ma si avvicinò al letto, si curvò, e domandò:
— E dunque, come stai, Balloredda?
La malata lo guardò, ma parve non riconoscerlo o non curarsi di lui. Egli rimase contento di quest’accoglienza, andò via e promise di tornare.
Infatti pochi giorni dopo ritornò: le sue visite diventarono frequenti, e subito si sparse la voce che egli aveva sedotto Ballora e che Ballora moriva d’amore per lui, e che i fratelli Predas Aspras avevano minacciato di ucciderlo se non sposava la ragazza.
Queste voci volarono, scesero fino a Nuoro, dispiacquero molto alla fidanzata del Ghisu. Questa, che era molto brutta, avrebbe volentieri perdonato; ma i parenti, gente boriosa e superba, non vollero più saperne di imparentarsi con uno che s’era abbassato a sedurre una paesana, una montanara selvaggia. Poco male una ragazza di città, una serva nuorese, ma una dei paesi!...