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134 grazia deledda


Ballora cadde ammalata. Accessi di febbre frotissima, delirî e convulsioni la tormentarono lungamente; poi cadde in una specie di sopore febbrile, dal quale non si scuoteva che per dire parole strane. E tentava sempre di scappare.

Zia Franchisca doveva vegliarla giorno e notte, e spesso chiamava le sorelle e i nipoti per farsi aiutare a tener ferma sul letto l’ammalata.

Nei suoi delirî Ballora parlava sempre del giovane nuorese, lo chiamava per nome, gli diceva parole d’amore e lo scongiurava di ricordare i suoi giuramenti, e di ritornare, di portarla via, di farla sua.

Zia Franchisca finì col credere che fra Miale Ghisu e Ballora fossero passate relazioni amorose. Ma quando la fanciulla riprendeva i sensi non rispondeva alle domande della zia, e piangeva silenziosamente.

In poco tempo ella si consumò, diventò magra, gialla, scheletrica. Nel suo volto deformato non si notavano che gli occhi e i denti sporgenti.

I Pintore decisero di chiamare il medico, ed egli — esaminò a lungo la malata, ma non seppe definirne la malattia, o meglio la definì con un nome incomprensibile: «Isterismo».

Voci strane si diffusero allora per il paese: molti affermarono che Ballora era stregata, altri dissero che aveva bevuto un filtro amoroso.

Gli zii tornarono dalla pianura. Una bella mattina, verso la fine d’aprile, zio Matteu spinse l’uscio della camera ove Ballora gemeva, e si fermò a