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126 | grazia deledda |
In quel tempo dell'anno, cioè verso la fine dell'inverno, in casa Pintore restavano solo le donne, i fanciulli e il fratello anziano, che soffriva d'un erpete incurabile. Gli altri fratelli svernavano con le loro greggie nelle pianure al di là di Nuoro.
L'inverno era stato rigido e lungo: sull'altipiano e sulle montagne i venti cominciavano a placarsi, e le roccie buttavano via il loro mantello di neve. Si scorgeva l'Orthobene verde come uno smeraldo, e nella valle d'Oliena i mandorli floriti parevano, in lontananza, sul nero delle vigne arate, macchie e cespugli ancora coperti di neve.
I Pintore, che erano in lutto per la morte della moglie del fratello anziano, durante quell'inverno vissero come selvaggi. Le donne non uscivano mai di casa, e anche Ballore, il vedovo, tormentato dal suo erpete, stava sempre sdraiato su una stuoia, accanto al fuoco, divertendosi a raccontare storielle ai bambini.
Ballora piangeva spesso, ricordando la madre morta, ma poi si confortava pensando allo zio Matteu, un Cristo gigante, dalla barba bionda riccioluta e gli occhi neri melanconici. Zio Matteu aveva quasi trent'anni più di lei, ma che volete? ella si sentiva attirata verso di lui forse per affinità di razza, e perchè realmente egli era l'uomo più bello del paese.
Durante quell'inverno, poi, ella visse in completa solitudine. Tutti gli uomini giovani, pastori e contadini, erano fuori del paese; a trovar zio Ballore, oltre qualche vecchio amico, non veniva che