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112 grazia deledda


Quella barca le sembrava diversa dalle altre; coi suoi colombi, il gatto, il cagnolino, un porcellino, pareva una casetta galleggiante, un’abitazione preistorica di gente che non avesse altro rifugio che quello.

Verso mezzogiorno il giovinetto tornò, e mentre i vecchi preparavano il pranzo, egli sedette sulla banchina, fissò gli occhi in lontananza e si mise a fumare una sigaretta. Adoperava un bocchino d’ambra falsa: aveva gusti signorili! Barbara non cessava di guardarlo, ed egli, vedendosi osservato, le voltava le spalle. Quando i maccheroni furono pronti nella concula verde, intorno alla quale il gatto e il cagnolino si misero in adorazione, egli saltò nella barca, tirò una vela, e nascose la scena agli occhi curiosi della signorina.

Anche lei si ritirò. Nel pomeriggio tornò al suo posto, e vide che il giovinetto, ritto sulla banchina, s’era messo le calze e le scarpe e un altro berrettino a forma di conchiglia, rosso, giallo e nero. Egli fumava sempre, mettendo in mostra il suo bocchino d’ambra. Vedendo Barbara, le volse le spalle; ma ella ebbe l’impressione che egli si fosse abbigliato per lei.

Maggio s’inoltrava, profumato e quasi ardente. Il sole batteva forte sulla banchina del porto, e già i ragazzetti figli di pescatori cominciavano a fare i bagni. Un giorno Barbara potè uscire. Naturalmente la sua prima idea fu di andare sulle colline a godersi un po’ di verde, e si fece accompagnare dalla moglie del marinaio del porto.