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254 | il flauto nel bosco |
guardava coi suoi grandi occhi ancora limpidi; mi guardava come dalla profondità di uno specchio, con una espressione ingenua di compatimento.
— I miei nipotini sono forti e intelligenti, e Dio volendo, studieranno anche loro e andranno lontano. I maschi, dico, perchè le femmine devono stare a casa, a lavorare, ad amare la famiglia, a far bei figli e godersi in pace i beni che Dio ci manda. La felicità è dentro casa.
Io non replico: a che serve? Anche lei capisce che bisogna tornare sull’argomento principale.
— Quest’albero, dico il vero, mi ha sempre dato tristezza. È l’albero dei morti, infine: il suo seme deve essere volato qui dal cimitero; e porta disgrazia. Io direi di tagliarlo con le buone, di comune accordo, e farci un bel fuoco la notte di San Giovanni.
— Perchè non ci avete pensato prima?
— Che vuoi? Finchè non si è ben vecchi non si hanno certe ubbie e non si pensa alla morte.
— Ah, — penso io, — e adesso che avete paura di morire volete metterci me, al vostro posto, a uscire di casa tre volte l’anno, per custodire, il resto dell’interminabile tempo, il vostro inutile tesoro?