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Il cipresso 253

Ecco che dopo quindici giorni ritorna; sempre vestita di gala come appunto per ricevere la risposta a una domanda di matrimonio.

Io l’aspettavo: con terrore, con odio e coraggio. Questa volta scendo senza essere chiamata, e la ricevo io, con cortesia fredda e crudele che le fa capire subito di trovarsi con una avversaria degna di lei.

Sono io a interrogarla.

— Ma perchè volete che si tagli l’albero? Che noia vi dà?

— Inumidisce l’orto; non lascia crescere la verdura.

— Ma che bisogno avete voi di due cavoli, voi che siete la più ricca del paese e avete il petto gonfio e tutti i nascondigli di casa vostra pieni di denari?

Ella sorride lusingata, palpandosi istintivamente il seno, come del resto faceva spesso, perchè in realtà ci aveva nascosto un tesoro.

— Il denaro non conta nulla, figlia mia: conta il sole, l’allegria, la gente. E neppure i bambini delle mie nipoti vengono più nel mio orto perchè hanno paura di raffreddarsi, con quell’ombra mortale.

— Peggio per loro: vuol dire che non sono forti e non sono intelligenti.

Capiva? Non saprei dirlo: so che mi