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Il cipresso.

Un giovane cipresso cresceva rasente al muro divisorio fra il nostro e l’orto del vicino.

Questo vicino era l’uomo più metodico e tranquillo che vivesse in tutta la contrada. Sebbene ricco era impiegato del Comune, e quattro volte al giorno lo vedevo passare, quando andava e ritornava dal suo ufficio, in modo che da lui si sapevano le ore; anche le stagioni si conoscevano dal suo vestito, nero d’inverno, grigio di primavera e d’autunno, e giallo, di tela grezza, d’estate.

Come fosse il suo viso, a dir la verità; non lo so: so che si parlava spesso di lui, in casa, con ammirazione un po’ condita d’ironia e d’invidia, additandolo come l’esempio perfetto dell’uomo normale, quieto, senza vizi: per questo non mi interessava.

M’interessava solo quando, di tanto in tanto, andava a caccia: perchè era un famoso cacciatore di cinghiali mufloni e cervi.