Pagina:Deledda - Il flauto nel bosco, Treves, 1923.djvu/225

Cura.

Un tempo quando ero di malumore mi ripiegavo su me stessa a rosicchiarmi l’anima; adesso, e fortunatamente sempre più di rado, per caricare la macchina fino a farla scoppiare me ne vado mal vestita e con le scarpe più vecchie nei luoghi più tristi e plebei, per esempio in certe strade sempre fangose d’un fango nero e attaccaticcio di pece, che s’insinuano fra altre aristocratiche come l’intestino fra le viscere più nobili.

Nulla di più esasperante di quelle case alte che, in faccia alle ville e ai parchi di palme e cedri forse più belli dei giardini pensili di Babilonia, sventolano dalle loro finestre luride stracci e stracci che si agitano al vento con saluti di miseria insolente, di allegria ironica, quasi di beffe per l’austera compostezza dei luoghi dei ricchi.

Eppure non, c’è cosa più viva ed eccitante di voi, stracci di Via Nomentana