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piegai su di me, sotto il castigo di Dio, ma pure pregando ed aspettando la sua divina giustizia.

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Poi il dibattimento cominciò, un po’ monotono e scialbo. I testimoni d’accusa erano appunto i vicini di casa della «disgraziata». Tutti affermarono di aver veduto entrare, la sera dell’assassinio, l’uomo che adesso sedeva al banco degli accusati e aver notato il suo aspetto equivoco, stravolto, e il modo di avvicinarsi furtivo. Una donna magra, dispettosa, forse isterica, sostenne di aver sentito, poco dopo l’arrivo dell’uomo, la disgraziata gridare, dibattendosi certamente contro l’assalto di lui; altri testimoni, compagni di carcere dell’accusato, deposero sulla strana condotta di lui che dimostrava di essere un mattoide.

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Egli ascoltava, senza mai più aprire bocca, con la testa bassa come esposta ai colpi di tutti: non aveva mai sollevato gli occhi, dopo che era entrato nella gabbia, e a volte pareva assente, o che il dibattimento non lo riguardasse.

Ma uno dei giurati gli rivolse alcune do-