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Giustizia divina 137

cercando di ricordare qualche cosa: poi proseguì, sottovoce, quasi parlando a sè stesso:

— Sono cristiano e credente e spero fermamente in Dio e nella sua giustizia. Sul santo nome del Signore giuro che quello che racconto è la verità. La terza volta — riprese parlando più forte — mi trattenni poco dalla donna. Avevo un forte mal di testa per aver troppo lavorato, o, forse, perchè era una sera afosa e burrascosa. Nell’uscire da quella casa vidi che ci andava l’uomo di cui la donna aveva paura. Io feci una breve passeggiata lungo il fiume, poi tornai a casa, perchè, ricordo, soffiava un gran vento e cominciava a piovere. Il giorno dopo fui arrestato, sotto l’accusa di aver strangolato la donna. Nei primi interrogatori mi difesi accanitamente, accusando l’uomo che io credo il vero colpevole. Ma non mi era possibile identificarlo meglio. Io non lo conoscevo: credo, anzi son certo, sia di un altro paese. Ma nessuno mi dava ascolto. Le vicine di casa della disgraziata mi avevano veduto entrare, ed essendosi di poi ritirate per il tempo minaccioso, non avevano veduto uscir me ed entrare l’altro. Dopo qualche tempo mia moglie morì, di crepacuore e di vergogna.

Questa nuova sciagura mi spezzò: mi ri-