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120 | il flauto nel bosco |
Meno male era d’inverno e le portefinestre chiuse; tuttavia attraverso i vetri di quella del salotto da pranzo dei suoi padroni vide le donne piegate in cerchio intorno a un braciere giallo, come i petali d’un fiore intorno al pistillo; e un bambino vestito di azzurro che scriveva sulla tavola, sotto la luce di una piccola lampada rosa: il luogo dava l’impressione di un piccolo giardino chiuso; eppure egli passò rapido, con un senso di freddo; penetrò in una specie di torre che era la scala, scese quasi a tastoni e uscì.
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La sera di dicembre è tiepida ma nebbiosa; egli se ne va lungo la strada larga, poco illuminata: solo una luce strana, bassa, che pare esca di sotterra, imbianca i marciapiedi umidi e una parte delle case, lasciando scuri i piani superiori che sfumano nella nebbia e sembrano costruzioni non finite.
Egli ricorda d’un tratto che c’è sciopero di elettricisti; la gente va tutta a piedi, affannata e arcigna, con qualche cosa di bieco e di nemico negli occhi: le persone che s’incrociano con le ombre, le faccie illuminate di scorcio, angolose e bianche e nere, dànno ragione ai più sinistri pittori futuristi.