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la martora 83

di trent’anni prima, ed egli rispondeva senza scomporsi; tanto le cose e gli uomini e le loro piccole e grandi vicende, tutto infine era sempre lo stesso. Verso mezzogiorno qualcuno battè all’uscio.

— È mia nipote che porta da mangiare. Nasconditi, sebbene ella non entri mai qui, — disse la monaca. Egli si strinse la martora al petto e si nascose sotto il lettuccio.

E mentre la sentiva palpitare contro il suo cuore mormorava con lo spasimo di un amante:

— Mia! Mia! Tutta mia! Ti porto via a costo della vita. Ti ho cacciato, finalmente! Sì, ti ho preso io e sei mia. Ma non ti porto, no, al signore, in cambio del fucile: ti tengo con me, ti nascondo nella legnaia, e vengo a dormire con te, e ti porto i pulcini della zia, ed anche i suoi biscotti, se li vuoi, tanto so dove prenderli e so aprire di nascosto l’armadio. Tutto ti porto; e così ci divertiamo assieme, e così saremo contenti tutti e due. Che fai qui, in questo carcere? Sei monaca tu pure? No, sai, io sono scappato dal carcere, ho sfondato il tetto: eppoi un giorno ce ne andremo assieme tutti e due, torneremo in campagna, dietro il muro della vigna. Là