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80 | la martora |
Appena Minnai ebbe messo la testa dentro, la monaca sollevò il viso spaurito e l’animale le scivolò di grembo, lungo, con la coda più lunga del corpo, e parve sparire sotterra. Ella si curvò tosto a chiamarlo di sotto al lettuccio, ma come quello non usciva tornò a sollevare il piccolo viso spaventato.
— Vattene, — implorò sottovoce.
Ma di lassù Minnai domandò con calma:
— Che bestia è? Gatto non è, cane non è.
— È una martora. Ma va via! Vedi come l’hai spaventata. Va via.
Minnai non era abituato all’obbedienza. Eppoi quel giorno voleva divertirsi.
— Lei lo so chi è, — disse dall’alto. — È donna Antonina la monaca di casa. È lì da cento anni e neppure mia zia l’ha conosciuta. Mio nonno, sì, però. Dice che era bella e che s’è chiusa dentro perchè lo sposo l’ha piantata.
La donna trasalì: gli occhi le si velarono di lagrime. La voce del ragazzino le sembrava la voce stessa del suo passato. Ah, dunque, nel mondo si ricordavano di lei? E dov’era il mondo? Le parve di ricordarsi: fu assalita come da una follia di risurrezione.