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42 sotto l’ala di dio


— Si tratta di mia figlia, povera tortora; ha sempre le febbri e il dottore ci ha mandato qui per l’aria di mare. Allora tu, cuoricino mio, — come stai? ti sei ingrassato, Dio ti guardi, — avrai pazienza e dormirai nella capanna che il servo ti aiuterà a costrurre; per pochi giorni noi abiteremo qui nella tua stanzetta.

Gian Gavino non s’era neppure alzato; e neppure la guardava; guardava l’erba ai suoi piedi e rispose con voce sorda:

— Ma che capanna! Al diavolo la capanna.

Non si commosse neppure nel veder tirar giù dal carro la ragazza, fina fina, lunga lunga, coi piedi e le mani inerti e il viso giallo segnato appena dall’ombra livida delle palpebre e della bocca angosciata. Stesa sul materasso e sui sacchi di lana che il servo aveva tirato giù dal carro e disposto all’ombra della chiesetta, parve più pallida e più morta sotto l’azzurro intenso del cielo: la madre, giovine e forte, la guardava con pietà; inginocchiata sull’erba le sollevava la testa e le accomodava le vesti intorno ai piedi immobili; ma non dimenticava le altre cose della vita e dava ordini al servo che si moveva con indolenza.