semplice, a volte zappava piano per timore di ritrovarne e disturbarne le ossa. Sì, pensava curvandosi di nuovo sulla sua zappa, la vita degli eremiti è la migliore. Che fanno gli eremiti? Niente: mangiano quello che trovano, come gli uccelli, dormono e non cadono in peccato; pace in terra e pace nell’altro mondo. Anche i ricchi, per esempio, non fanno niente, è vero: ma e i peccati che commettono? Se sono gente di cuore buono, timorati di Dio, finiscono anche loro col cercare la solitudine e la povertà, come il suo omonimo, per esempio, l’antico avvocato don Gavino Alivesu (non erano parenti), che dopo aver studiato e dopo aver mangiato denari e conosciuto molte terre lontane, adesso viveva solitario, sempre chiuso nella sua casa, eccola laggiù all’orizzonte, bianca, alta quasi come il campanile sopra la linea sfrangiata delle casupole del paesetto. Per guardare meglio laggiù il piccolo contadino si solleva ancora fra i sassi e le radici dei lentischi arsi, con la mano sulla schiena. La fatica è ben rude: ma del resto è Dio che comanda di lavorare. Il sole però scompariva tra i vapori rossi sopra il confine del li-