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un uomo e una donna | 301 |
telli. Il paese era laggiù: gli pareva di vedere una croce, sull’orizzonte di un nero vaporoso spruzzato di stelle: una croce con sopra la targa scritta: Onofria Dau.
Quel rumore lontano d’acqua, il brucare di qualche cavallo al pascolo, l’odore dell’erba umida della notte lo accompagnavano.
— Se è vero è vero, — pensava; — adesso saranno le otto e mezza, e col mio passo alle dieci son là. Mi prendo venti scudi, ah, non un centesimo di meno, e filo dritto al porto e m’imbarco. Andrò in qualsiasi parte del mondo, in Corsica o in Africa, ma qui non voglio starci più. Il cantoniere non voglio farlo, io; stare tutto il giorno a spandere ghiaia sullo stradone, per il viaggio degli altri, e cambiare i cavalli alla corriera e io sempre lì, sempre lì fermo come un asino intorno alla mola. Ci stia mio padre, finchè vuole: io no. E se non mi riesce ritorno e rimetto i denari dentro la pentola. Va in ora buona, Ghisparru Loddo; cammina, cammina.
Camminava, camminava; faceva buoni propositi e si sentiva quasi allegro cambiando da una mano all’altra l’involto come fosse un’arancia. Se la cosa non gli riusciva non avreb-