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298 | un uomo e una donna |
La madre non ci badò tanto, abituata a sentirlo spesso brontolare in sogno; lasciò la porta socchiusa, e andò a coricarsi, nella cameretta attigua, accanto al marito che dormiva anche lui e russava e anche dal modo di russare si sentiva che era buono e stanco.
Il figlio, di là, riaprì gli occhi: mosse le mani e le incrociò sul petto: era solo: vedeva un tizzo che si spegneva nel camino, in mezzo all’ombra della stanza nera, con le brage che cadevano come i petali da un fiore rosso che si sfoglia; e dalla fessura della porta sentiva entrare l’aria della notte, con un odore misto di stalla e di erba fresca, e un ruminare lì accanto di bue e un mormorio lontano di acqua.
Aveva sentito, nel dormiveglia, tutti i discorsi degli uomini, e li ruminava, adesso, fra sè, come il bue l’erba fuori nel buio della tettoia, mentre il sonno lo cullava ancora con quella voce d’acqua lontana nella dolce notte d’autunno. Sentiva ancora la voce dell’uomo più giovane, piana e calda.
«A me lo ha contato lui, quel giovane di Sórgono, che stava là con gli altri muratori a fabbricare la casa. La casa è della donna.