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288 fiaba


uragano, ma anche con bagliori di fulmine. Il suo orgoglio allora si moveva in mezzo al turbine come un leone incatenato; ruggiva, cercava di azzannare il dolore; a volte vinceva. Il tempo poi, buon medico non richiesto, aveva levato a brani dal petto della principessina il cuore malato: adesso tutto taceva e tutto era vuoto, dentro di lei, ed ella rimpiangeva i giorni in cui almeno soffriva. Adesso i giorni passavano così, nè belli nè brutti, lunghi sebbene fosse d’inverno. Ma era un inverno mite, riscaldato dall’alito del mare; le querce del bosco sotto il castello conservavano tutte le foglie secche dorate, e quando passava il vento si vedeva attraverso gli alberi l’erba scintillare come un’acqua verde. E di sera il cielo era così limpido che pure attraverso la vetrata chiusa alla principessina pareva di distinguere il roteare delle stelle nello spazio. Quella sera però le nuvole salivano dietro il bosco, su dal mare; erano già nuvole primaverili, gialline e rosee soffuse d’azzurro, e per la prima volta dopo tanti mesi, la principessina, nel domandarsi perchè viveva, sentiva voglia di piangere. Perchè, per