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Selvaggina.
Sebbene non aspettasse nessuno, ad ogni rumore di passi Rasalia sollevava la testina lunga avvolta in un fazzoletto nero diventato verdastro, e oramai più per abitudine che per volontà di male, imprecava contro tutte le persone che passavano. Erano per lo più donne con l’anfora sul capo e fanciulli con orci di sughero sulle spalle, che scendevano giù al fiumicello in fondo alla valle o salivano su fino alla sorgente della montagna in cerca d’acqua.
Bisognava camminare, in quell’anno di siccità, per trovare un po’ d’acqua: e il sentiero dietro la casupola di Rasalia, fra il cimitero e le prime falde del monte, di solito attraversato solo da pastori o da cacciatori, era, dopo il mese di aprile, frequentato come uno stradone.