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242 | il cuscino ricamato |
Aperto il cancello lo richiuse, poi lo aprì ancora, guardando per terra per assicurarsi che il ferro correva bene sul sabbione del viale; infine si mise lì davanti, buttò via col piede qualche sassolino, sbadigliò, tossì: e allo stridere rauco della gola rosa dal male, il suo viso duro si sollevò, con gli occhi pieni di un’angoscia feroce, protendendosi come per ascoltare un richiamo già noto ma non per questo meno spaventoso.
Allora si rimise a camminare, per sfuggire anche quella voce. Il sole era tramontato, ma laggiù lungo il fiume pareva che il suo splendore perdurasse ancora: tutto il bosco ceduo era d’un giallo luminoso e l’acqua dorata brillava attraverso i fusti argentei dei pioppi. Si udiva, nel silenzio profondo, lo scroscio dei molini lontani e un lamento di fisarmonica, un grido così straziante e pieno di implorazione che pareva venir dal fiume, da una donna giovane e bella che annegasse.
E l’uomo andava; camminava sulle foglie secche, divertendosi a tuffarvi i piedi e a trascinarsele per il sentiero, come faceva da ragazzo, mentre dagli alberi altre ne cade-