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l’augurio del mietitore | 219 |
darsene videro la fanciulla sdraiarsi di nuovo indolentemente sulla pelle di montone dopo aver cacciato il gatto che vi si era accovacciato non meno tranquillo di lei.
Camminarono fino al tramonto. Si erano internati nella regione montuosa, verso la valle di Siniscola. I monti erano coperti di un velo rosso; la siccità aveva talmente desolato i luoghi che si vedeva qualche quercia disseccatasi, con ancora tutte le sue foglie intatte, gialle, di lamina d’oro.
Ed ecco un paesetto nell’insenatura d’una valle, quieto al tramonto, coi tetti rossicci, gli orticelli intorno secchi, le strade aride, il letto del torrente bianco nudo impallidito dalla morte.
I due avevano di nuovo sete. Picchiarono alla prima casetta del paese, la sola che avesse intorno un po’ di verde fresco e una pianta di garofani fioriti alla finestra.
Aprì la porta una ragazza alta e pallida, vestita come usano le paesane di buona famiglia, con un costume antico, senza fronzoli, i capelli accuratamente nascosti nella cuffietta della quale si vedevano i lembi sopra le orecchie, sotto il fazzoletto ch’ella, trovan-