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198 quello che è stato è stato


scrivevo un tempo. Cosa vuoi farne adesso? Quello che è stato è stato».

— Capisci, Nina, — continuò la nonna dopo un momento di silenzio mentre la fanciulla, col viso sul guanciale pareva si fosse addormentata. — Egli veniva perchè voleva le lettere che le aveva scritto un tempo. Le lettere le avevo io: Marta me le aveva consegnate perchè le restituissi a lui quando lei fosse morta. E così gli disse: «le lettere le ha mia madre; bisogna chiederle a lei». E mi chiamò e anche lei ripetè: «dategli le sue lettere; quello che è stato è stato». Capisci, Nina: a lei bastava che egli venisse, qualche volta, e le stringesse la mano. Ma a me non Bastava, Nina; non bastava, Nina mia; e così lo accompagnai giù e gli dissi: «io non le ho lette, perchè non so leggere, ma finchè lei è viva, non te le restituisco, ed io sono donna da tenere la parola». Lo fissavo, così dicendo, ma egli non è uomo da arrossire. Sulle prime mi prendeva con le buone. «Datemi le lettere — diceva a bassa voce — quello che è stato è stato: provvederò alla malattia di Marta, pagherò i vostri debiti, farò studiare da maestra la bambina». Le