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162 l’usuraio


Al tremolio dei passi gli sportelli si riaprirono, riapparve il vestito, e l’usuraio senza lasciare di appoggiarsi con una mano al prete con l’altra prese il lembo della gonna e lo baciò, poi se lo passò sul viso, poi cadde in ginocchio e con la fronte battè sul ripiano dell’armadio e parve voler morire così, ai piedi del fantasma.

Il prete lo tirò su, lo riprese fra le braccia e piano piano, sudando, con un senso di ripugnanza e quasi di terrore, e anche con una certa rabbia, lo ricondusse e lo rimise come meglio potè a letto.

L’armadio rimaneva aperto; ed era lui adesso a guardare, a pensare, cercando di rivivere in un tempo lontano. Seguendo il filo dei suoi pensieri domandò infine con velata curiosità:

— Che cosa dunque ci fu tra voi due?

L’usuraio, col capo di nuovo affondato sul cuscino rosso, aveva chiuso gli occhi e pareva tranquillo, ormai in pace con tutti.

— Siamo davanti al mondo della verità, — mormorò. — È stata mia amica, sì. Amica sì, moglie no, non ha voluto. Si vergognava di me. Ero un mercante venuto con le pezze