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157 | l’usuraio |
e nera ricamata come un arazzo e i guanciali di percalle rosso, era lo stesso ch’egli aveva tante volte benedetto, il sabato santo, nel suo giro per le case del paese; l’armadio e la cassapanca gli stessi donde Alessandra Madau prendeva le monete che gettava nel secchio dell’acqua santa e le focacce di pasta gialla che metteva nella bisaccia tenuta dal sagrista. Ma accostandosi al malato, il prete ricordava pure che Alessandra Madau non era morta lì, nel suo letto verginale; l’usuraio, da mercante girovago divenuto proprietario, l’aveva cacciata via dalla casa, comprata da lui, e vi si era messo lui, nel nobile letto, come il gufo nel nido della colomba.
E dava proprio l’idea di un gufo, con quel suo viso perfetto da usuraio, col naso adunco, gli occhi rotondi, sporgenti sul viso pallidissimo, i capelli bianchi arruffati sul cuscino rosso al quale il chiarore di un’antica lucerna d’ottone appesa alla colonna del letto dava un colore di sangue coagulato.
Aveva la febbre alta, ma riconobbe benissimo il sacerdote e gli tese subito la mano come chiedendo aiuto. E il suo viso a poco a poco mutò espressione, a misura che il prete gli