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138 | la veste del vedovo |
alzò sulle ginocchia, la prese tesa sulle braccia, balzò così con lei e la portò dentro nel cerchio delle rovine del nuraghe, per nasconderla anche alla solitudine e al silenzio attorno.
*
Giula sembrava morta: morta di felicità, di terrore. Le pareva che i cavalli di cui aveva sentito lo scalpitare lontano e poi sempre più vicino le fossero già passati sopra calpestandola. Le rimaneva solo la voce per domandare una cosa.
— Cosma, cuore mio, adesso siamo sposi, adesso che m’hai preso puoi dirmi tutto, — mormorò, abbandonando la testa con le treccie disfatte sulla spalla di lui. — Sei tu che lo hai ucciso? Dimmelo: adesso siamo la stessa carne e io non posso tradire il tuo segreto. Dimmelo; tanto in fondo al cuore lo so.
Egli le sollevò il viso e si guardarono ancora. Gli occhi di lei erano pieni d’ansia, di terrore e di speranza: occhi con cui l’anima sospesa sull’abisso invocava ancora la salvezza che pure sapeva impossibile. Egli la