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la veste del vedovo | 137 |
— Giula, Giula, — egli disse spaventato, sollevandosi e sollevandola fra le braccia. — Guardami.
Lei riaprì gli occhi e gli sorrise: ma piangeva. Allora egli ritornò fanciullo, come quella prima volta dieci anni prima, e si rimise giù, e le tirò le treccie facendole del male per farla sorridere, e la baciò sul collo, le contò le dita, finse di rubarle l’anello. E ricominciò a parlare della gente del paese, e dei fratelli di lei, e della vecchia nonna di lui che stava nella casetta ad attenderli col caffè pronto e i dolci per i vicini di casa e i parenti e gli amici, e di una donna che s’era messa in mente di fargli sposare una vecchia zitella zoppa ricca di quaranta vacche e di tre alveari.
— Ma il mio alveare sei tu, sei tu, Giula! Quanto mi hai punto con le tue api! Ma quanto miele, uccello mio, uccello mio.... Guardami, Giula, non sei più arrabbiata con me?
Ella taceva; lo guardava in fondo agli occhi, fisso, come guardava una volta dentro il forno; e il viso le si era fatto di nuovo bianco, poi roseo ai baci di lui. Era bella come dieci anni prima; ed egli piano piano si