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da preda che si converte nel brivido col quale tutto il corpo di Dama risponde.
Eppure l’uomo che scendeva dalla svolta del sentieruolo era un vecchietto con una logora sacca sulla gobba e un bastone di legno fresco: sembrava un mendicante, e un po’ lo era, perchè vivacchiava girando per gli ovili ospitali dei pastori di pecore e di porci. Ma un tempo era stato servo in casa del cacciatore e conosceva la storia sua e del fratello, rimasti presto orfani, ma in breve diventati forti, virili, uniti da un affetto, più che di fratelli, di amici. Un dramma aveva devastato la loro giovinezza. Una donna già quasi vecchia, di cattiva fama, un’esperta maliarda in amore, aveva stregato e si era fatta sposare dal primogenito; il fratello e la ricca zia materna si erano separati da lui, rinnegandolo per l’eternità: adesso, dopo solo qualche mese di matrimonio, egli aveva cacciato via di casa la donna; ma la sua vita gli sembrava un edificio crollato dopo un incendio. Sdegnava però ogni commiserazione, ogni riadattamento col prossimo: il disprezzo altrui, il dolore proprio se li divoravano il suo orgoglio e un poco anche la sua forza fisica: ma se li risentivano, come di un pasto da belva, di carne cruda sanguinante. Per digerirli, andava a caccia, e nelle soste solitarie in casa sua fumava tabacco forte e beveva vino come quello, diceva la vecchia serva, che beve Lucifero nella cantina dell’inferno.
Da alcuni mesi, però, sembrava cambiato: non usciva più e beveva meno: solo la pipa fu-
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