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— Sì, — proseguiva la donna, con una tosse un po’ vera, un po’ forzata, — i tempi sono terribili: la gente è cattiva, l’uccello d’oro è volato via dai monti del paese e non tornerà mai più.

— L’uccello d’oro...

Nel mucchio dei bambini si vide allora qualche viso volgersi in qua, qualche occhio brillare come al riflesso di un lampo: oh, in compenso alle credenze del lupo che si traveste da uomo e penetra nelle case dei bambini cattivi fingendosi magari, come questo straniero, un loro parente, essi conoscevano la storia del grande uccello d’oro che dagli antichi tempi viveva nelle grotte dei monti, e quando la buona gente lo invocava di cuore, volava sul paese e disperdeva ogni male. Era più fulgido del sole, potente come lo Spirito Santo: ma bisognava esser buoni per farlo uscire.

Come ossessionato dalla sua idea, l’uomo però ripetè:

— Adesso dai monti scendono solo i lupi.

E gli occhi dei bambini tornarono a chiudersi, e i visi a nascondersi. La madre pareva avesse piacere che facessero così, per allontanarli dal malcapitato, dalla sua miseria e soprattutto dal suo male: e frugava nella pentola aspettando, per tirarla giù, che egli se ne andasse.

Egli lo capiva benissimo: un sorriso, questa volta un po’ crudele, gli balenò negli occhi. Si alzò, prese la valigia, fu per uscire: la porticina stessa, col suo battere e il suo stridere, lo invitava ad andarsene. Ma quando la donna corse premurosa ad aprirgliela accadde una cosa

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