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— Tu — disse con impeto. — Ti credevamo laggiù... ricco. Come sei tornato! Sembri davvero il lupo mannaro.

— Tuo marito dov’è?

Ella si piegò fin quasi a terra: scoppiò a piangere e non rispose. Era un pianto d’indignazione, più che altro: poichè il marito era morto ed ella credeva che tutto il mondo fosse in obbligo di saperlo.

Ancora più spaventati i bambini si nascosero l’uno contro l’altro, chiudendo gli occhi per non vedere l’uomo nero. Egli entrò, si mise a sedere, si guardò attorno: però non parlava e lasciò che la donna si calmasse. Ella non si calmava: pareva anzi impaurita anche lei dal ritorno, dalla visita di lui, e volesse a sua volta spaventarlo col racconto delle sue disgrazie.

Oh, sì, ella lo sapeva bene; dappertutto c’è grande miseria, disoccupazione, bisogno; ma nelle città si ottiene almeno una minestra, un asilo per gli orfani: qui, invece, la gente è dura; qui i poveri devono vivere come bestie selvatiche, nutrendosi d’erba e di radici.

L’uomo ascoltava, buio in viso, senza farle osservare che intanto sul fuoco davanti a loro bolliva una pentola dalla quale usciva odore di legumi e di grasso: poi, d’un tratto, parve cambiar d’umore e divertirsi alla scena. Si volse verso i bambini, domandò come si chiamavano, li invitò ad avvicinarsi: ma al suono della sua voce, li vedeva sempre più annodarsi fra loro, sordi e muti ad ogni richiamo.

— Bene, — disse infine, come fra sè, — sono proprio il lupo.


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