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Da tanti anni il professore sognava di avere un camino: ne aveva fatto costruire uno nella sua villetta di Cervia, nel salottino d’angolo, coi mobili di giunco, ma faceva tanto caldo, nelle brevi settimane che egli vi passava, che la stessa fiamma avrebbe riso a vedersi suscitata sotto la mensoletta della cappa sempre fiorita di rose e garofani: nella sua casa di città, invece, sebbene fosse una villa di costruzione non recente, coi solidi muri di una volta, le stanze alte coi pavimenti di finto mosaico, il termosifone funzionava dai primi di novembre a tutto aprile; e il fuoco non si vedeva neppure nella cucina, perchè negli antichi provinciali fornelli erano stati sostituiti i più moderni apparecchi a gas e anche a elettricità.


Era dunque venuto Celestino, il fumista, per esaminare l’angolo ove meglio si poteva costruire il camino. Oltre all’essere fumista, Celestino era una specie di factotum del professore: conosceva la casa a menadito, forse più del padrone stesso, perchè era lui che, d’estate, vi faceva da guardiano ed eseguiva le riparazioni; cambiava le carte, verniciava le persiane, col-

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