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l’aiuto della mamma, poi tacque. Ella aveva trasalito nervosamente, senza potersi muovere nè mandare la serva che lavorava al piano superiore.

Del resto quando i bambini erano al sicuro, le loro questioni, le zuffe, i lamenti e le folli gioie non l’inquietavano eccessivamente. La sua sola minaccia era: «Adesso viene papà e vi aggiusta lui». Si sarebbe detto che, almeno riguardo a questo, lasciasse a lui tutte le responsabilità della loro educazione: e in fondo davvero le sembrava che essi fossero più figli del padre che suoi. Forse perchè non li aveva potuti allattare; forse perchè nati dall’unione con un uomo che le era quasi estraneo e indifferente, o perchè il loro nascere l’aveva fatta quasi morire.

Con la pupa era altra cosa: una cosa tutta loro, di loro due, unite dalla stessa carne femminea, dalla stessa fragilità, forse dallo stesso destino.

— Sicuro, sicuro, sicuro, sicuro....

La pupa si stacca di nuovo dall’acino del seno materno, e di nuovo sorride: pare capisca la canzone intima che le sfiora il viso; e chiude gli occhi, sazia, beata.

Anche la madre ha una sensazione come di un canto che la invita a dormire: si placa, finalmente, i pensieri si raddolciscono: adesso le sembra che la casa sia già in ordine; ed è la casa loro, dove c’è tempo per finire di sistemarsi, di stendersi, di riposarsi per tutto il resto della vita. Non occorre più neppure uscire, portando in giro, attraverso i pericoli delle strade,


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