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stanza, pareva non la vedesse: a volte si piegava a raccogliere una conchiglia o un osso di seppia, che lasciava ricadere sulla sabbia: e allora sembrava proprio una bambina.

E l’altra cominciò a infastidirsi: ecco passata l’ultima villa, ecco la duna che precedeva i macigni di sostegno del molo: adesso si vedeva chiara, sul cielo d’argento azzurro, la figura del giovine, fanciullesca, in costume sportivo, e anche quella di un cane che egli teneva al guinzaglio. Come attirato dallo sguardo della ragazza, egli si mosse per venirle incontro, ma quando fu a metà della palizzata si fermò, incerto, e aspettò che salisse lei la duna e s’inoltrasse sul molo. Certo, vedeva la signorina dal vestito azzurro, che pareva si accompagnasse amichevolmente all’altra, e si fermava con prudenza. Poichè neppure lui voleva che la gente molto pettegola del paese chiacchierasse delle cose sue, e queste cose venissero poi riferite a papà e mamma. D’un balzo, indispettita, la ragazza della volpe salì la duna, fu sulle pietre del molo: sperava che l’importuna tornasse indietro; ma la vide che saliva anche lei, più leggera di lei, la piccola duna e si librava sull’orlo della palizzata, azzurra sull’azzurro del mare, quasi irreale.

Che fare? Non le si poteva certo impedire di fare il comodo suo: la passeggiata era di tutti, e anche un gruppo di ragazzi irruppe dalla strada erbosa che andava verso il borgo dei pescatori. Ma di essi la ragazza non aveva soggezione: erano troppo presi da loro stessi per badare a lei: quella invece, l’importuna, sempre alla sua destra, sull’orlo del molo, le sembrava

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