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letto, che farai meglio: domani mattina devi alzarti presto per pulire le bestie e condurle alla benedizione.
Fancin era un ragazzo obbediente. S’alzò subito e si stirò tutto, piegandosi all’indietro sulla schiena, sporgendo i gomiti e stendendo poi le braccia al di sopra del capo: le sue giunture stridevano come cardini di ferro.
— Vado, vado: sono stanco e farò tutto un sonno.
Il bifolco lo seguì, ed entrambi cauti e tragici come ladri salirono sul fienile.
Le donne stettero alquanto in silenzio, tra il ronfare ed il ruminare delle bestie; e avevano anch’esse sul viso, rischiarato solo a metà dall’oro tremulo di una lampadina posta su un angolo della tavola, qualcosa di tragico come una maschera d’ombra. Ma il trillo della giovine nuora ruppe l’incantesimo.
— Ohè, che si fa, ragazze? Si recita il rosario? Bustighina, e il vostro coniglio come va di salute? Andom, andom! Voi Peppa accendete il fuoco in cucina, e tu, Stellina, e voi Carulina, e voi Cleonice... su, su, fate questo, fate quest’altro... presto... presto... andom, andom che è tardi... prima di mezzanotte tutto deve essere finito, perchè come sapete allora bisogna spegnere il lume...
E mentre la Bustighina continua a filare, rigida e melanconica come una Parca, la vecchia Caterinin scuote il capo e sul suo viso di melograno brilla un sorriso d’approvazione, — sì,
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